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giovedì 24 marzo 2016

Six degrees

Six degrees. Sei gradi, forse meno. Non ci ho dormito per una notte.
Si dice che ciascuno di noi sia collegato a qualsiasi altra persona da una catena di relazioni di non più di cinque intermediari.
Sei gradi separano me, da chi si è appropriato (indebitamente) del mio ombrello.
Ma perché siamo così attaccati alle cose?
Forse perché spesso siamo noi ad appartenergli, e non il contrario.

Un pezzo di me se ne è andato con l'ombrellino, ricordo del matrimonio.
Che sensibile incastro di congiunture favorevoli è un matrimonio, a partire dal giorno della celebrazione.
L'estate che l'ha preceduto è stata secca, afosa, innaturalmente arida, tranne quella data.
Man mano che ci si avvicinava, le previsioni non lasciavano scampo, man mano che arrivava il momento, anzi, le previsioni peggioravano.
Sposa bagnata, sposa fortunata! - mi son detta e così mi hanno ripetuto per tutto il giorno anche i bagnati, seppur gaudenti, invitati.
Il mio ombrellino ha una storia. Che si intreccia con la mia, in uno dei giorni più emozionanti.

Mi si stringe il cuore a saperlo chissà dove, chissà con chi. Gettato nell'angolo di un androne, tra odori e suoni sconosciuti. A ricominciare la sua storia.
Sarà degna di lui? Chissà se possono immaginare cosa rappresentasse per me?

Non era di valore, un acquisto al mercato, ma la proprietaria del banco, nel consigliarmi aveva partecipato ai miei preparativi. Noi donne, siamo così: un'innato spirito competitivo ci spinge a farci la guerra per lo sguardo di un uomo, ma nei vissuti su cui fantastichiamo sin da bambine, prevale la sorellanza e partecipiamo con i sentimenti, anche da estranee.

Dopo lunga ponderazione, dopo calorosi auguri di venditrice e passanti "dai, magari non piove", sono tornata a casa con quello che mi sembrava l'unico ombrello in grado di essermi di riparo in caso le tempeste più turbolente si fossero abbattute su di me, a partire da quel giorno speciale.
A casa l'ho riposto con cura in un angolo lontano dai possibili attacchi dei curiosi più piccini, insieme al suo compagno, l'ombrello del futuro consorte, in attesa delle nozze.

Non nego di aver sperato fino all'ultimo in un cielo sereno, ma quando, uscendo dal portone, dopo mesi di sole, si è scaricato il finimondo, alla fine mi son sorpresa a pensare: "...almeno userò il mio ombrellino".
Il pensiero mi ha consolato.
E la festa è stata perfetta, non avrei potuto chiedere di più.

Six degrees, caro sconosciuto-ruba ombrelli.
Siamo più vicini di quanto tu possa immaginare.
Sarai proprio tu a riconsegnare l'ombrellino nelle mie mani, e finalmente io mi riconsegnerò alla sua protezione, quella della sua ampia tesa fiorata e quella del bel ricordo vissuto.
Non posso sapere quando accadrà di imbatterci l'uno nell'altra e ci sorprenderà il dove, ma sarà sicuramente un giorno felice, di pioggia.


giovedì 17 marzo 2016

Nei luoghi dell'attesa

Siamo una specie complessa noi esseri umani e per una sorta di trasposizione dal particolare al generale, ci è piaciuto complicare anche la realtà in cui viviamo.
Per esempio abbiamo creato luoghi per ogni situazione/evenienza.
La casa, estensione del nostro essere, cuccia di pace, più spesso campo di aspre battaglie, purtroppo non si può condurre a spasso come il guscio della lumaca e così ci siamo ingegnati.
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