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mercoledì 3 giugno 2015

Non sono quel tipo di mamma che si commuove alla recita di fine anno...

...no,
son quel tipo di mamma che stringe i denti, singhiozza e trattiene le lacrime in uno sforzo sovrumano, appena fa capolino la testolina del primo bimbo che sta per entrare in scena! Quando parte l’introduzione della base musicale selezionata per accompagnare le prodezze dei pargoli, mi si contorce la faccia, i connotati si stropicciano, non riesco a camuffare l'emozione! (Tra l’altro mi chiedo se le insegnanti della scuola materna facciano un corso sull'uso di colonne sonore strappalacrime!)
La settimana scorsa c’è stata la consegna del diploma ai bimbi grandi, rito di passaggio alla scuola primaria. Semola è giunto al termine della sua avventura nella scuola dell'infanzia, un'avventura che per quanto riguarda il mio punto di vista di genitore, ha avuto alti e bassi, pochi momenti entusiasmanti e molta disillusione.


Non per il rapporto di mio figlio con la scuola, le maestre o i compagni, ma per una certa (purtroppo) diffusa decadenza delle istituzioni preposte all'insegnamento e all'educazione di futuri uomini e donne del mondo.
Quest’anno è trascorso per esempio “in lotta" per la riapertura del giardino annesso all'edificio, chiuso a Novembre per questioni di sicurezza legate a tegole instabili del tetto.
Dopo sette mesi (!) siamo giunti alla fine della scuola, le tegole traballano ancora, le istituzioni tergiversano, i genitori non tutti, ma molti, nicchiano, gli insegnanti si adeguano. E i bambini? I bambini subiscono.
Subiscono l'incapacità di chi dovrebbe occuparsi di loro e si smarrisce inerme e inerte nella più irrazionale burocrazia, si giustifica con lo spauracchio del "c'è crisi, c'è crisi!" e da sette mesi permette che dei bimbi entrino a scuola come sempre con i loro disarmanti sorrisi e il cielo blu lo vedano solo nel meraviglioso affresco cinquecentesco del salone centrale.

Mi vengono in mente i "depobimbi" del romanzo "Momo" di Michael Ende, luoghi nati per la custodia dei bambini che non devono più giocare liberamente in giro per il paese, ma qualcuno deve insegnare loro i giochi giusti, i giochi educativi. Depositi, parcheggi, nati per le esigenze degli adulti e perché le città non permettono la loro libera, spontanea aggregazione e organizzazione ludica.
Andamento oggi evidente nella destinazione di fondi sempre più scarsi dedicati alla realizzazione di attività e progetti urbani rivolti a bimbi e ragazzi.

Allo stesso modo si trascurano con indifferenza elementi fondamentali della vita educativa di un asilo come l'area esterna.
Il giardino, il verde, le attività all’aperto sono considerati come servizi extra, un di più non strettamente necessario. Potrebbe anche in linea teorica essere vero (ma secondo me non lo è). E così facendo, un giorno, ci convinceremo che l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è…l’aria per respirare!

Io credo che anche questo in qualche modo c'entri con le lacrime che sgorgano ribelli in occasioni come la fine di un importante ciclo scolastico. Ti crollano addosso tutta la fatica, la stanchezza, le lotte affrontate quotidianamente sin dalla loro nascita, per mantenere in carreggiata questo carrozzone colorato che è la famiglia, in costante equilibrio precario; tu sei alla guida e intanto canti "sì viaggiare, evitando le buche più dure"...

Ed è lì davanti alle pargole evoluzioni che ti domandi: "...possibile...io sto facendo tutto questo?"...tiri il fiato, ti rilassi e ti godi il più grande spettacolo dopo il Big Bang!



2 commenti:

  1. Meno male Begonia, per fortuna non sono l'unica! ;)
    Come è andato l'etsy pop market? Immagino superbene!

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