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mercoledì 12 marzo 2014

Educare i bambini alla felicità

Il titolo di questo post è in realtà il titolo di un coinvolgente workshop a cura della Scuola di Palo Alto di Milano che ho avuto l'opportunità e il piacere di frequentare qualche settimana fa.
Quando sono arrivata alla sede del seminario (e non senza fatica visto il mio senso dell'orientamento!) da subito ho capito che sarebbe stata una giornata proficua!
Il tema del workshop mi ha colpito sin da quando me ne ha parlato un'amica, speravo proprio di riuscire a partecipare anche se confesso che inizialmente nutrivo qualche dubbio.
Sono sempre un po' titubante quando si parla di educazione dei bambini; per me la parola educare è strettamente collegata al suo significato etimologico di condurre fuori dal latino educĕre. Pertanto, anche se non sempre facile, ritengo che il compito di un genitore o in generale di un educatore sia quello di tirar fuori le qualità proprie insite nella persona e non di trasmettere i propri saperi o imprimere la propria condotta (pur parlando di felicità) come spesso succede quando la parola educazione viene confusa con altri termini come formazione e istruzione.
Non era quest'ultima, per fortuna, l'impostazione dell'incontro, anzi sin da subito si è chiarita l'importanza, se l'obiettivo è la felicità dei nostri bambini, di educare (innanzitutto) gli educatori alla felicità.
Ma che cos'è la felicità?
Ovvio che le risposte personali sarebbero e sono molteplici.
La scuola di Palo Alto fornisce una definizione a partire dal filone della psicologia positiva di Martin Seligman. Con parole mie interpretando ciò che è stato detto al seminario: la felicità non è la condizione di beata (forse anche beota) "contentezza", per cui non si riconoscono o non si accettano i momenti di quelle emozioni che noi definiamo negative, come la rabbia o la tristezza; bensì è proprio "un partire" da queste emozioni per rielaborarle in qualcosa di costruttivo e positivo, uscendo dal lungo indugiare (a volte masochistico) in questi stati d'animo, per rifiorire, come un albero dopo l'inverno, per utilizzare la terminologia di Seligman.
Oppure utilizzando la mia terminologia (!) mi viene da pensare ad un trampolino molto elastico e resistente che più si piega sotto il nostro peso verso il basso (emozioni negative) e più la sua natura resiliente ci spingerà verso l'alto.
Un altro concetto chiave è infatti la resilienza, termine che soprattutto in ambito ecologico (come si può bene intuire) è strettamente legato con il rifiorire (come le margherite che rispuntano "dal nulla" nei prati cittadini in primavera) e quindi alla felicità.
Cosa ci rende felici dunque?
La nostra capacità di essere resilienti alle pressioni improvvise della vita senza dubbio e come indicano alcune ricerche scientifiche (Grant Study di Harvard), rullo di tamburi...la costruzione di relazioni positive!
Una ricerca di oltre 75 anni per decretare e corroborare ciò che è sotto gli occhi di tutti (ma a volte le cose scontate sfuggono all'attenzione) sin dalla nostra nascita: il nostro bisogno VITALE di relazione, legame, calore!
A questo proposito mi viene in mente un video che girava su facebook qualche giorno fa e lo inserisco nel post.


Un neonato appena appena nato che non si vuole staccare dalla sua mamma...penso si commenti da solo per ciò che riguarda il nostro innato istinto a creare relazioni positive con chi ci è vicino, in primis la mamma.
Certo è che, se per quanto riguarda la resilienza la nostra predisposizione genetica ha un ruolo determinante, ma pur sempre ottimizzabile nel corso della vita, per quanto riguarda la costruzione di relazioni positive per i nostri bambini forse come educatori è possibile influire un po' di più, a partire dalla salvaguardia del momento della nascita.
Ma perchè darsi tutta questa pena per la felicità?
Da "Il vantaggio della felicità" di Shawn Achor: a differenza del luogo comune che vede la felicità una conseguenza del successo, secondo questo autore la felicità è precursore del successo, perché reca con sé notevoli vantaggi: aumenta la produttività, ci rende più creativi e riflessivi nel processare le soluzioni.
Può essere...la psicologia positiva lo sostiene ed è in effetti, riflettendoci su, molto probabile; anche se secondo me il più gran vantaggio che reca con sé la felicità è quello di...essere felici.

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